LA COMUNITÀ LUOGO DELLA TESTIMONIANZA
EMILIA PALLADINO
Domenica 22 aprile 2018
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Grazie. Bentrovati a tutti quanti e grazie. Io sono qui
insieme a Filippo mio marito. In realtà siamo qui per
onorare un debito, a parte il piacere grandissimo di venire
ogni volta che posso, perché mi mancate sempre moltissimo, e
Dio solo sa quanto vi penso sempre sempre sempre proprio
sempre sempre tutti i momenti. Quindi io verrei in ogni
caso. Ma adesso veniamo io e Filippo, c’è anche Caterina
nostra figlia, perché dobbiamo dire grazie. Praticamente la
situazione sul lavoro di Filippo si stava letteralmente
deteriorando, stava diventando sempre più sfilacciata,
sempre sempre più complicata, la difficoltà trascendeva la
situazione concreta, diciamo così, era qualcosa che andava
oltre, si cominciava a stare male, ma in un senso
strutturale profondo. D’estate Filippo ha sempre avuto nel
precedente lavoro un mese di ferie, quindi c'era modo di
parlarne, di discuterne, di confrontarci, e in tempi lenti,
anche pregati, quindi affidati anche alla Grazia che ci ha
sempre accompagnato perché comunque io e Filippo siamo due
sposi credenti, non c'è niente da fare, è maturata la
decisione di rompere il rapporto di lavoro che lui aveva con
la precedente azienda presso cui lavorava. È stata una
decisione molto sofferta, molto parlata, pregata,
sviscerata; abbiamo fatto tutta una serie di passaggi
importanti, ed è diventato un fatto: a settembre del 2014,
al ritorno immediatamente dall'estate Filippo non aveva più
un lavoro, a ridosso dei 40 anni, perché ha compiuto 40 anni
il primo ottobre del 2014. Io adesso devo trovare le
parole per raccontare, per dire il miracolo che sono stati
questi anni: non riesco a trovare le parole per dirlo,
perché da questo momento è cominciato un lavorio costante,
un po' come il passo del vasaio - l'avete presente, il vaso
di Creta del vasaio – che modella tutta la creta, la fa
girare, quindi in questa opera di modellamento della creta
c'è la trasformazione di una materia, che è una
trasformazione dolorosa, la materia non si trasforma
serenamente in quello che deve diventare, si trasforma
patendo con grida lancinanti, perché viene trasformata,
viene piegata, perde la forma che aveva prima e deve
assumere la forma che poi avrà. E questo lavoro è un lavoro
di dolore, non è un lavoro che va da sé, la creta soffre
quando viene girata, plasmata, storta, modellata, e quando
viene modellata e soffre non sa che cosa diventerà. Nessuna
materia sa come si trasformerà una volta che è finita
l'opera, nel mentre in cui viene modellata sta solo male,
passatemi il termine non è nemmeno corretto questo, però
sta in quello stato fra il già e il non ancora, che è la
condizione dei credenti. Noi siamo a metà, facciamo la
nostra vita in un pellegrinaggio che è fra il già è il non
ancora, e il non ancora è simbolico, e quindi il simbolo
diventa concreto, per cui in questi tre anni e mezzo
abbondanti noi siamo stati modellati costantemente,
faticosamente, proprio a volte cesellati come l'orafo. Tutte
queste immagini, queste allegorie che vengono usate nella
Bibbia per descrivere la trasformazione che il Signore opera
sono state tutte messe in campo, alla fine noi non sapevamo
nel frattempo in cui tutto ciò accadeva, noi non sapevamo
assolutamente che cosa sarebbe successo, non lo sapevamo, io
però ho fatto una cosa che riguarda strettamente il tema
della testimonianza. Subito dopo che era accaduto il fatto,
cioè che abbiamo cominciato ad andare avanti senza un lavoro
fisso, io sono andata da Gaetano e gli ho detto: un giorno
verrò a fare la testimonianza. Questo l'ho detto quattro
anni fa a Gaetano. Nel mezzo del nulla la prima cosa che ho
fatto in modo del tutto scientifico, se volete senza avere
nessun trasporto emotivo, diciamoci la verità.
Ma proprio per scelta ho detto a Gaetano: un giorno io verrò
a raccontare, noi verremo a raccontare, e questo giorno è
oggi, dopo quasi 4 anni, io ho voluto dire questa cosa
pubblica, quindi gli anni che ci hanno accompagnato, che ci
sono stati, sono stati anni che hanno dispiegato una porta,
senza che ci fosse in realtà l'esplicitazione di una potenza
che è stata tutta interna, perché operata dallo Spirito
Santo. Si è piano piano sciolta davanti ai nostri occhi
negli ultimi sei mesi: Filippo dal primo di gennaio di
quest'anno ha un contratto di lavoro ed è il primo che copre
un po' di tempo da allora. Se io vi raccontassi tutto quello
che è accaduto in questi tre anni e mezzo non ci sarebbe o
non basterebbe un'ora, non basterebbero due giorni. Ci siamo
anche trovati in alcuni momenti di grandissima angoscia,
d'incapacità di vedere più in là del nostro naso, di poter
programmare, e come famiglia con una bambina piccola è stato
complicato, è stato doloroso, non riuscire a dire ce la
faremo dopo aver buttato tutto sulla possibilità che
veramente il Signore facesse, noi abbiamo veramente gettato
le reti sul nome di Gesù, e c’era il timore di esserci
sbagliati, perché il tempo passava, e non si arrivava mai
alla fine. Dicevamo: non è così tutto quello che abbiamo
detto per vent'anni. Sono 25 anni di Rinnovamento e comunque
25 anni di crescita di fede, con Filippo sono 11 anni che
siamo sposati. Quindi dopo tutto questo lavorio che c'è
stato negli anni pensavamo: abbiamo fatto una cosa e va
male, da qui una paura importante che si trasformava in
angoscia, perché ti dici che sei perduto. In tutti questi
momenti, io sono qui a testimoniarlo e Filippo è lì che mi
ascolta, che lo sa, in tutti questi momenti non siamo mai,
lo dico veramente con cognizione di causa, non siamo mai
stati lasciati soli, mai mai mai, la provvidenza di Dio c’è
sempre venuta incontro, tanto interiormente quanto
materialmente; abbiamo avuto periodi in cui non avevamo
nulla, ma riuscivamo ad andare avanti, io non me lo so
spiegare. Questo non vuol dire che altri devono fare la
nostra esperienza, sto raccontando la radice di
un'esperienza, ognuno ha la sua, ognuno ha la sua vita,
ognuno ha i suoi momenti di difficoltà, ma quello che noi
abbiamo visto nella nostra vita in questi anni è stato
questo continuo accompagnamento dello Spirito Santo, che è
diventato carne e sangue, carne e sangue, che è diventato
familiare come la pelle, è diventato concreto come le ossa,
è diventato ragione come il sole che sorge la mattina e
anche più che in tante altre esperienze nella mia vita,
forse perché sono ormai adulta e quindi vedo anche le cose
in un altro modo rispetto a quando avevo che ne so 25 anni,
ho assistito a questo dispiegamento della potenza della
Misericordia e della potenza di Dio. È stato qualcosa a cui
ho assistito, ma che in realtà mi è appartenuto, quindi non
è solo qualcosa che io vedo, ma anche qualcosa che io sono,
per cui Dio non è più colui che io adoro fuori di me, ma è
colui che io onoro dentro di me, e quindi diventano concrete
le parole di Gesù quando dice che Dio è dentro, è nel cuore,
ma è anche visibile e si uniscono queste due ragioni della
nostra fede, in una solidità che poi non se ne va via più,
una volta che si saldano questi estremi cioè il lavoro
interno che il Signore fa con noi e la visione delle cose
fuori di noi, una volta che questi estremi si saldano non
si scollano più, perché cambia l'interpretazione
dell'esistenza, cambia la prospettiva che il Signore dà
sulla nostra vita reale. Io non li cambierei con niente al
mondo questi tre anni e mezzo, non li rifarei ma li
ripercorrerei per vedere e vivere quello che abbiamo visto e
vissuto, e quello che adesso noi vediamo e viviamo. Noi non
siamo dei sopravvissuti, siamo come tutti, c'è stato dato
di sperimentare un'opera costante di Dio, che si è fatta
carne in ogni singolo momento della nostra vita, anche
quando noi l'abbiamo negata, anche quando noi abbiamo detto
magari non ce la facciamo, anche quando non vedevamo più in
là del nostro naso, in quei momenti mai soli. In questo un
ruolo fondamentale, irrinunciabile, per il quale io dovrei
solamente andare in ginocchio da qui al resto dei miei
giorni per quanto il Signore mi manterrà in vita: voi.
Io so lo so bene che in questi tre anni e mezzo avete
pregato, mi avete sostenuto, ci avete pensato. Ho ancora
sulle spalle e sul corpo gli abbracci di Giorgio Baldi
quando venivo qui, le rare volte che riuscivamo a venire,
che riuscivo a venire, ho ancora le parole di alcuni di voi
negli occhi e nella testa e nelle orecchie, gli sguardi, i
sostegni, le preghiere, tutto, tutto, siamo stati
accompagnati in ogni singolo momento, anche quando noi non
lo sapevamo. Anzi forse soprattutto quando noi non lo
sapevamo, in una comunione che non è tanto in termini di
condivisione della vita, questo non c'è più, io non vengo
più come prima, non posso farlo, ma in termini di radice,
di condivisione delle cose che ci fanno vivere. Un albero
cresce e si fortifica perché ha delle radici. Se un albero
viene reciso dal tronco perde le radici, e perde la
possibilità di vivere. Perdonatemi la generalizzazione però
la comunità costruisce, solidifica, inguaina le radici
dell'esistenza di ciascuno di noi, e le condivide. Per
questo fra di noi è giusto che si mantenga un linguaggio
spirituale, dove non è la negazione del dolore, non è la
negazione della fatica ma è il ricordo costante che
qualcos'altro ci nutre, non solo la nostra forza, non solo
la nostra determinazione, non solo le nostre scelte, ma lo
Spirito Santo che abbiamo conosciuto nutre le radici della
nostra storia personale e della nostra storia comunitaria:
è un'esperienza di aldilà, è un'esperienza di eternità che
noi già cominciamo qui, non ancora realizzata, ma che
condivideremo con i nostri fratelli, quando saremo chiamati.
Niente si interromperà di questo flusso d'amore che passa da
sotto, passa dal terreno già adesso, è così con tanti di noi
e ci abbiamo i nomi nella mente, perché recentemente abbiamo
sofferto tutti tanto, per questo già adesso è così, già
adesso non si spezzano i legami, già adesso le radici
vengono nutrite da un'acqua che non ci appartiene, ma che di
fatto è la nostra vita. Quando cantavamo durante la
comunione io vivo in te, che tra l'altro è una frase di
Paolo, non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me,
parla di una cosa estremamente concreta, radicale, come le
radici . C'è la possibilità di dire: Io vivo con Gesù;
semmai la testimonianza ha senso come condivisione di
un'esperienza ce l'ha perché è il racconto di una relazione
vitale che è concreta. Lavoro come docente alla pontificia
università Gregoriana; per questo mi trovo a leggere, a
vedere un po’ su cosa riflette la teologia contemporanea;
una delle cose su cui riflette di più in questo periodo è su
come si fa a saldare la fede con l'esperienza concreta di
tutti i giorni del credente di oggi. C’è un linguaggio
tecnico, si parla di uomo post moderno, ci sono spiegazioni
particolari che adesso a noi non interessano, diciamo che
mentre tanti anni fa tutto quello che ci capitava, tutto
quello che ci succedeva, veniva riferito a una potenza
esterna, facilmente a un'azione di Dio, nella nostra epoca
le nostre competenze, le nostre conoscenze, la nostra
capacità, non hanno più questa corrispondenza, questo
canale, non so come altro dirlo facilmente, con il
trascendente. Quindi come si fa a vivere la fede e a
carpirne l'efficacia, l'agire all'interno della nostra vita
di tutti i giorni, perché il rischio (a cui la
testimonianza pone un rimedio in qualche modo) il rischio è
che noi ci facciamo la nostra vita. Non ci accorgiamo più di
niente, andiamo avanti come treni, perché comunque siamo
treni, perché sennò non riusciremmo ad andare avanti. Il
Signore accompagna questo treno in corsa, senza però
riuscire a fare qualcosa che cambi il corso per esempio del
treno, oppure che intervenga o lo rallenti, o qualcos'altro,
quindi noi andiamo avanti pur sapendo che il Signore c'è,
perché comunque siamo dei credenti, sapendo che senza la
fede non vorremmo stare, ma di fatto senza vedere l'azione,
senza vedere che tutto questo credere ha un valore concreto
nella mia vita di oggi, che quando apro gli occhi al
mattino e vado a letto la sera, e metto insieme le giornate,
le settimane, eccetera eccetera, io posso dire che il
Signore ha agito, qui il Signore ha fatto questo, qui il
Signore mi ha aiutato, qui il Signore ha fatto proprio una
cosa pratica. Non sappiamo più per via del mondo che
viviamo descrivere l'opera di Dio, raccontarla, e dargli la
paternità: quando noi diciamo Gesù è il Signore, non
sappiamo più in pratica che vuol dire. La testimonianza è il
raccontare le cose che il Signore fa nella nostra vita,
rimedia tutto questo scollamento fra il trascendente e la
vita ordinaria (non sto parlando degli incontri di
preghiera, ma della vita di tutti i giorni, il traffico, il
lavoro, i figli, i genitori, e i dolori, le malattie, le
morti, gli insuccessi, i problemi economici, tutto quello
che ci succede e anche le soddisfazioni perché no). In tutto
quello che ci succede non vediamo un’infiltrazione della
trascendenza, un'infiltrazione che ci faccia dire con
facilità o con evidenza che appartenga allo Spirito, che
appartenga a Dio, che sia opera di Dio. Allora se non c'è
questo continuo riconoscimento dell'opera di Dio, si perde
alla lunga anche la fede, diventa non una viscera, ma una
delle nostre t-shirt, diventa una delle nostre giacche, che
così come ce l'abbiamo ce la possiamo togliere, mentre le
viscere anche se ci fanno male ci stanno, non possiamo
togliere le nostre viscere, a meno che non perdiamo la vita.
mentre possiamo toglierci una giacca e continuano a vivere
tranquillamente. Con la testimonianza c’è il riconoscimento
dell’intervento di Dio nelle nostre vite, è qualcosa che
sta dentro ai nostri cuori, dentro le nostre pance, dentro
le nostre viscere, e ricollega l'esterno con l'interno. Come
magistero abbiamo una tradizione lunghissima sul discorso
della testimonianza: il cristianesimo è cresciuto sulla
testimonianza, gli Atti degli apostoli sono racconti di
testimonianze, i martiri sono racconti di testimonianze, i
miracoli sono racconti di testimonianze. Nel Rinnovamento
siamo cresciuti così, io da 25 anni sento dire che la
testimonianza è un obbligo, ma in realtà si tratta della
capacità di raccontare qualcosa che accade dentro alla
nostra vita, di riconoscere la presenza di Dio, e questo
riconoscimento ha a che fare con la carne e col sangue, è
un modo di leggere la realtà di tutti i giorni che ci
appartiene. Su questa questione del riconoscimento si gioca
la concretezza della nostra fede, sul riconoscere quando
siamo nel dolore, nella prova, che l'abbiamo cercata, in
qualche modo l'abbiamo scelta, in qualche modo noi abbiamo
scelto di farci forgiare. Viviamo situazioni di malattie, di
prova, di lutto, qualunque cosa che non dipende da noi, se
in queste situazioni dove non riusciamo a fare neanche un
passo perché ci sembra di non capire, se in queste
situazioni noi non riconosciamo comunque un tratto che è il
tratto dello spirito, non sapremo neanche dire e riconoscere
quando tutto questo finirà, perché le cose finiscono
sempre, cambiano, e noi non sapremo neanche riconoscere
quando le cose cambieranno, di cosa dobbiamo parlare. Quando
io sono andata da Gaetano gli ho detto: fra 4 anni parlerò,
non ho detto fra 4 anni quando sarà finito tutto questo
parlerò; in realtà è stata la mia più una preghiera, era un
modo per me per rendere pubblico, quindi per fare uscire da
me, il desiderio intramontabile di vedere il Signore
all'opera nella mia vita. Mi sono detta: se io subito faccio
il passo più lungo della gamba poi lui mi aiuterà a
colmarlo. Il trucco in qualche modo è stato questo. In
questi tre anni e mezzo non sono solo successe delle cose,
non solo è andato avanti il tempo, non solo si sono esauriti
dei periodi che comunque si esauriscono, ma è accaduto anche
che è cresciuta una relazione fra noi e lui, perché abbiamo
visto, abbiamo riconosciuto delle cose, dei momenti,
abbiamo potuto focalizzare, abbiamo fatto un percorso nel
quale siamo stati accompagnati, e questo accompagnamento in
qualche modo noi l'abbiamo capito, l'abbiamo vissuto, non
sapremo forse descriverlo così perfettamente come se fosse
un libro, però solo in virtù di questo riconoscimento noi
oggi onoriamo il debito che abbiamo accumulato. Quindi il
testimoniare non è solo alla fine dire l'opera di Dio, dico
alla fine perché uno deve riassumerla, nella sua mente deve
prenderne coscienza per poterla raccontare, la deve
estromettere da sé per poterla vedere e dargli una
configurazione, ma la testimonianza si anticipa nel proprio
cuore come abitudine del credente. È lo Spirito Santo a
renderci testimoni, sulla base del desiderio di essere
testimoni noi lo siamo realmente in virtù della potenza
dello Spirito Santo. Quindi tutti quanti quelli che fra di
noi sono nell'angoscia, nella cecità, nel buio più nero,
nella fossa più profonda, sono comunque testimoni, anche se
non dicono, anche se non narrano, anche se non gridano, ma
lo sono proprio in quel momento lì, e il fatto di esserlo
rende miracolo la propria vita, anche se uno se ne rende
conto dopo. Che cosa fa il Signore? Ci rende edotti sulla
sua opera, ci rende edotti se ci fa vedere che siamo con
lui, che lui sta con noi, che c'è una relazione che diventa
sempre più solida, e che non si sfilaccia più, perché non è
sottoposta agli eventi, non dipende più da cosa succede, ma
dipende da chi sono io e da chi sei tu. E questa relazione
si nutre della vita che scorre, ed è fatta di stare
all'interno della propria vita come attori protagonisti, non
come chi la subisce e la paga. Così anche veramente nei
momenti più dolorosi, negli accidenti più incomprensibili,
nelle cose che non si capiscono e che non capiremo mai,
forse quando saremo dall'altra parte, ma a quel punto non
potremo raccontarlo. La nostra creaturialità, in alcuni
momenti della nostra vita evidentissima e radicale, è quasi
cattiva, ma anche in quei momenti, soprattutto in quei
momenti, la nostra cecità viene accompagnata e sostenuta da
un amore che noi riusciremo a comprendere magari anni dopo,
ma girandoci indietro potremo dire: però sono stato salvato
sono stata salvata. Ci sono miracoli che si intuiscono, si
vivono, si comprendono anni dopo che uno ne è stato
protagonista, e allora lo racconta, lo sa dire, perché lo
ha riconosciuto, quindi la testimonianza non è solo
un'azione che si fa, è anche una disposizione premiante.
Come diceva Paolo VI il mondo non ascolta più i maestri,
l'uomo moderno ascolta di più i testimoni che i maestri e
se ascolta i maestri lo fa solo perché sono dei testimoni.
È un pezzo famosissimo di Paolo VI, è proprio qui il
ganglio, il nodo, perché il maestro racconta la realtà e la
interpreta, il testimone la vive e la vive anche quando non
la dice, ma la vive perché sta lì per anni e alla fine la
riconosce. Io Filippo e Caterina, ognuno a suo modo, ognuno
per la sua indole, per la sua sensibilità, abbiamo fatto
questo percorso, in parte è dovuto a noi, alle scelte
personali, in larga parte dovuto allo Spirito Santo. È
anche giusto che noi sappiamo assegnarci il giusto merito,
come dice Paolo non abbiate un'opinione troppo alta di voi
stessi, però riconoscendo a noi il giusto merito
riconosciamo il grande merito dello Spirito, la forza dello
Spirito, l'essenzialità dello Spirito, la potenza
vivificante dello Spirito. Uno dei più grandi doni che ho
avuto in questi anni è stato quello di imparare a memoria la
sequenza dello Spirito Santo, perché non la sapevo a
memoria. C’è stato un periodo prima che Filippo affrontasse
i colloqui che poi l'hanno portato a questo contratto in cui
avevamo paura, e abbiamo imparato a dire la sequenza tutte
le sere, assieme a Caterina.
A proposito dei problemi di salute a cui Gaetano ha
accennato qualcuno di voi lo sapeva già, altri l'hanno
saputo tardi, altri non l'hanno saputo. Mi è capitato un
ricovero in ospedale fra la fine di febbraio e gli inizi di
marzo [...]. Quello che mi ha colpito di più in questo
periodo è stata la compagnia, io non so dire quanto mi sono
commossa in alcuni momenti del fatto che io sapevo che la
mia situazione era una cosa nota. Adesso farò una
similitudine: non so se avete visto Avatar, ok, una delle
caratteristiche di questo pianeta altro dove ci stanno
questi esseri più alti eccetera eccetera (Pandora si chiama
questo pianeta) è quello che come questi esseri toccano la
terra la terra si illumina, nel sottosuolo si forma una rete
luminosa, che unisce tutta la vegetazione del pianeta.
Questa immagine mi torna spesso in mente: con la
condivisione comunitaria della fede la fede si rafforza, si
genera quasi come una sorta di automatismo, la
consapevolezza che quello che succede a uno succede a tutti
in un modo misterioso, così che tutta la comunità lo possa
sostenere. Io ho avvisato pochissime persone del gruppo di
quello che mi stava capitando anche perché non avrei potuto
oggettivamente chiamare, sarebbe stato complicato, ma
semplicemente il mettere in atto il contatto ha generato
un'onda di reazione d'amore che mi e ci ha sostenuto, e
quindi la comunità dei credenti si muove intorno a
un'esigenza in un modo misterioso che non dipende da quanto
viene detto o da quanto viene materialmente condiviso ma
semplicemente per il fatto che c'è una condivisione che va
alle radici dell'essere, alle radici dello stare insieme.
Evidentemente è qualcosa che dà un senso un senso profondo
al vivere insieme, è che quando si sta in comunità cioè
quando si sta in un gruppo e si celebra in un gruppo è
diverso, è un'altra cosa, è un valore aggiunto di cui noi ci
renderemo conto solo quando saremo chiamati da Dio, e allora
noi sapremo il bene che c'è qui solo quando lo vedremo
dall'alto; nel frattempo contribuiamo a costruirlo da una
parte, e dall'altra ne viviamo le benefiche conseguenze, non
c’è bisogno nemmeno di esplicitare, semplicemente ci si
nutre di un'aria diversa. Io penso a tutte le persone che
sono passate in questa comunità e che io conoscevo. Ecco io
le conosco, e questa comunità che si mantiene sulla base dei
legami che vengono costruiti negli anni, e che sono legami
che vanno al di là del dare, dell’avere, al di là del
sostegno, al di là del dire, è qualcosa che ha a che fare
con l'esserci e la categoria dell'essere anche dal punto di
vista filosofico è una categoria trascendente, non è una
categoria della terra. Noi siamo dello Spirito che ci fa
uno, e accorgersene, nutrirsi, respirare questo in un
momento della propria vita, averne la luce, fa la differenza
fra credere a vuoto, perdonatemi il termine, e credere
invece con un senso, fra credere perché lo troviamo
convincente e credere perché invece è la vita, credere come
un abito e credere come un intestino Tu fai uno sforzo
anche semplicemente come adesione a Dio, e ricevi in cambio
ben più di quello che ci metti, e che si spalma nei secoli,
si spalma negli anni, nei giorni, per cui quando chiamiamo
(durante qualche preghiera c'è stato, ho vissuto questi
momenti qui al gruppo) a raccolta la comunione dei Santi
durante le preghiere comunitarie, la chiesa si riempie di
anime di Santi, di gloria. Quindi con queste immagini della
gloria che si taglia, che riempie, che è una nuvola, noi
celebriamo una concretezza ordinaria attraverso il
riconoscimento con categorie simboliche trascendenti.
Mettiamoci tutti insieme, andiamo, cerchiamo profondamente,
camminiamo un passo alla volta, non fa niente, andiamo, così
hanno ragione di esistere tutte le nostre azioni salvifiche,
salvifiche perché ci siamo noi e c'è lo Spirito c'è Gesù c'è
la forza di Dio qui, siamo qui e non siamo da altre parti.
Questa è la nostra fede.
Pro-manuscripto ad uso interno del Gruppo Maria
L’elenco dei libretti del
Gruppo Maria è reperibile all’indirizzo Internet
http://www.gruppomaria.it/Biblioteca/Biblioteca.htm
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Il Gruppo Maria si riunisce ogni sabato alle 17:00 per la
preghiera comunitaria carismatica aperta a tutti, seguita
dalla Celebrazione Eucaristica prefestiva. Le riunioni, che
sono pubbliche, si tengono nella Chiesa di Santa Maria della
Consolazione, piazza della Consolazione, Roma. Una volta al
mese, mediamente, si tiene il ritiro domenicale dell'intera
giornata, anch'esso aperto a tutti.
Per le persone che intendono seguire il cammino si svolgono
ulteriori attività formative e di approfondimento. Il
principale servizio offerto a chi vuole sperimentare l'Amore
di Dio nella potenza del Suo Santo Spirito, è il Seminario
d'Effusione che, se ci si abbandona con fiducia all'azione
dello Spirito Santo, porta al Battesimo nello Spirito.
Durante la settimana sono spesso organizzati ulteriori
incontri di formazione e di condivisione per la crescita
personale e per il servizio offerto agli altri.
Per informazioni: gruppomariaroma@gmail.com
http://www.gruppomaria.it - @gruppomariaroma |